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L’incantatore di Serpenti

agosto 12, 2011

Non sarei riuscito a trascorrere più di qualche ora in sua compagnia.

Era sicuramente un ragazzo a prima vista introverso, e risultava interessante per la contraddizione con cui si apriva al prossimo, accendeva sigarette in rapida sequenza, tirava fuori bottiglie dallo zaino e ti rendeva accogliente un marciapiede qualsiasi o una panchina spersa ai giardini.

In realtà, cotanta giovialità mi risultava grave, sabbia sparata dritta negli occhi, un trucco per celare solitudine, lunghi silenzi ininterrotti, un affronto all’altrui presenza come se quest’ultima fosse di gran lunga irrilevante se non per certificare la sua acutezza, il suo speciale campionario di frasi, parole ricercate, filosofia appresa chissà dove e quando, o molto semplicemente deliri alcolici ribassati al livello dei comuni mortali.

Gli stavo alla larga per mesi, ma poi non potevo farne a meno e lo cercavo una sera qualsiasi che mi tornava la voglia di ascoltarlo.

Ci accomunava un inconfessato disprezzo per i sistemi che regolano l’ordinaria convivenza sociale, una profusione di critiche estese dalla religione alla politica, dalla vanità dei rapporti all’esistenza in generale, come se il tempo assegnato alle cellule fosse un insulto alle potenzialità insite in ogni mente fertile, puntualmente recisa ad ogni cambio di stagione.

Pazienza e precisione d’intenti venivano meno e il fanciullo si affacciava a distruggere quel poco di buono alla base di fondamenta mai colonizzate.

Ci si anestetizzava di sciocchezze, commentavamo le passanti ad alta voce, sguaiati e i riferimenti aulici si consumavano in leggende sconce d’epoche spensierate.

Passeggiavamo per le viuzze del centro, nel tepore che lascia il sole dopo opprimenti pomeriggi accecanti, alternando lattine da mezzo litro a pisciate dove solitamente segna il territorio chi evita punti fermi d’aggregazione.

Era senza dubbio il mio più caro amico. Eravamo del tutto irrispettosi e non di meno fra noi: l’impudica esposizione delle imperfezioni che caratterizzano la nostra provvisorietà ci negava la possibilità di mentire su qualsivoglia espressione di friabile impresa, idea o bellezza, tant’è che piantarci un coltello l’uno alle spalle dell’altro non avrebbe destato reciproco clamore.

Privati di sensazioni forti eravamo morti senza esserlo.

Perciò non ne traggo pentimento, assaporo momenti insignificanti, fingo ordine e disciplina.

L’incompreso è considerato folle, o una strada che nessuno ha osato prendere.

Firmo e torno nella mia stanza a sognare.

Spero di dormire, ma non ne ho la certezza.

Quando incontro qualcuno lo incanto come una serpe, ma prima che abbandoni la cesta lo sigillo repentinamente.

Trovo limitante costringere sensazioni gradevoli fra inizio e una fine –

From → blog, racconti, racconto

10 commenti
  1. tizianatius permalink

    Ci sono alcuni passaggi che tengono il fiato e fanno pensare…mi è davvero piaciuto.
    Buona giornata
    Tiziana 🙂

  2. Viene il dubbio che il protagonista di questo brano sia la medesima persona, si affaccia l’ipotesi di un tradimento, una rottura, probabilmente un omicidio: chiaramente il nostro era talmente affezionato a questo caro amico, pur vivendo tale sentimento in un contesto palesemente nichilista, da portare innanzi la sua memoria “recitandolo” alla perfezione…
    Grazie Tiziana –

  3. è una ribellione al sistema, alle convenzioni!

    Complimenti!

    Un saluto da Vongole & Merluzzi!

  4. marcogas78 permalink

    Niente ribellioni, semmai alternative!
    Ti ringrazio, Lordbad –

  5. mistral permalink

    Ciao Marco, a me il tuo scritto ispira ll fanciullino che alberga in noi, che
    diventato adulto, per lungo tempo “represso” dentro, ritorna sotto altre spoglie.
    Buon ferragosto
    Mistral (ombreflessuose)

  6. Lameteora: Grazie a Te

  7. Mistral: La tua ipotesi è estremamente valida..il “fanciullino” nella sua innocenza si nutre di incoerente libertà, privo com’è di catene, legami a qualsiasi forma d’inquadramento sociale, dottrine e quant’altro, si stupisce di qualsiasi cosa e le concede un nome a onor del nuovo.
    Chiaramente, quando riemerge dalle viscere di un uomo ormai “plasmato” dal proprio contesto esistenziale e dal trascorrere del tempo, si va a creare un corto-circuito ad interim o addirittura irreversibile, una perdita drammatica del ruolo che a fatica ci siamo creati (o ci hanno assegnato) nella società.
    Probabilmente è un punto di non ritorno.
    E’ bello ascoltare la sua voce, è bene non metterla in pratica compromettendo un fragile equilibrio, salvo eventi esterni straordinariamente distruttivi.
    P.s.Buon Ferragosto, a Te –

  8. eglepiediscalzi permalink

    E’ un punto di non ritorno…
    dopo di che il “fanciullino” riprende a correre
    e nessuno più lo prederà
    neanche il tempo anche se correrà.

  9. Nessuno lo ha mai preso, specialmente quando s’impossessa della sala comandi…è rimpianto perfettamente mescolato a slanci nel futuro, come dire speranza e pensare a un tramonto…

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